Escursioni sui 2000 in Val Ferret e Val Veny
di Alessia Delcré
Ai piedi del massiccio del Monte Bianco, nella parte italiana, spiccano due valli dall’interesse turistico e naturalistico notevole: la Val Ferret e la Val Veny. Sono le valli di Courmayeur, perla delle Alpi, cittadina vivace e meta di un consumo elitario. Se Courmayeur resta un sogno residenziale accessibile a pochi eletti, il suo contorno paesaggistico è invece godibile da chiunque ami la montagna e le attività a essa correlate. In ogni stagione è facile lasciarsi coinvolgere dagli sport en plain air, che permettono di vivere la montagna secondo differenti punti di vista.
Geograficamente, queste valli fanno parte della Comunità Montana Valdigne Mont Blanc. Con il termine Valdigne si intende la parte superiore della Valle d’Aosta, che si estende dal comune di La Salle a quello di Courmayeur, inglobando le valli laterali di Ferret, Veny e La Thuile.
Le due valli sono percorse dai due rami della Dora, che confluiscono poco a valle di Entrèves, ultima località della Valle d’Aosta prima del traforo del Monte Bianco.
Sebbene parte della stessa area geografica e naturalistica, la Val Ferret e la Val Veny sono in realtà molto diverse, sia per la loro conformazione, che per le possibilità di accesso e di attività collegate.
La VAL FERRET è caratterizzata da un paesaggio che appaga dolcemente la vista, con un versante orientale molto verde e morbido, percorso da escursionisti anche non troppo allenati. I numerosi rifugi che costellano questo lato della valle permettono di usufruire di viste impagabili sul versante occidentale, più irto e selvaggio. La balconata che percorre in quota la Val Ferret per tutta la sua lunghezza (circa 14 Km) è parte del T.M.B. (vedere nota 1). Lo spettacolo visivo include tutte le cime più alte del massiccio: sfilano da sinistra il Dente del Gigante (4013 m), le Grandes Jorasses (4208 m), l’Aiguille de Leschaux (3759 m), l’Aiguille de Talèfre (3730 m), l’Aiguille de Triolet (3874 m), il Mont Dolent (3819 m).
Lungo il fondo valle, invece, sono presenti piccoli nuclei storici, tradizionalmente non abitati permanentemente ma adibiti a rifugi di pastori. Oggi ben recuperati, rappresentano baite vacanziere e attività di ristoro per turisti. Dal punto di vista naturale, la piana della Val Ferret è caratterizzata da alcuni ambienti lacustri e contornata da boschi. Sono quindi piacevoli anche le passeggiate in piano, che permettono comunque di ammirare uno scenario alpino di rara bellezza. Le attività sportive praticabili con la bella stagione vanno dal trekking, alla bicicletta, alla pesca (la valle è percorsa interamente da un ramo della Dora), al golf, all’arrampicata...
Unica limitazione è l’ingresso con le auto, che in estate è regolamentato, ovvero limitato a un numero (circa 400) oltre al quale la strada viene chiusa e si accede tramite navetta, che offre comunque un buon servizio sia a livello di orari che di confort di viaggio.
La valle è fruibile anche d’inverno, per la pratica dello sci di fondo, mediante una pista tracciata sulla strada.
Come già detto, diversi sono i rifugi e i bivacchi in Val Ferret, qui citati in ordine decrescente di altitudine: Bivacco Ettore Canzio (3810 m), Rifugio Torino (3375 m), Bivacco Mario Jachia (3264 m), Bivacco Giusto Gervasutti al Fréboudze (2835 m), Rifugio Boccalatte (2803 m), Bivacco Cesare Fiorio (2780 m), Rifugio Cesare Dalmazzi al Triolet (2590 m), Bivacco Comino (2430 m), Rifugio Elena (2062 m), Rifugio Walter Bonatti (2025 m), Rifugio Giorgio Bertone (1979 m).
Le escursioni di seguito proposte sono quelle ai rifugi intorno ai 2000 m, praticabili con un minimo di allenamento ma senza difficoltà tecniche. Sono passeggiate fruibili da chiunque voglia approcciarsi a queste montagne con lo spirito leggero dell’escursionista (e non con l’impegno alpinistico), quindi anche da anziani buoni camminatori e famiglie con bambini (trasportati sia in spalla che lasciati camminare da soli - ho provato entrambe le opzioni, garantisco!). Il periodo consigliato è da giugno a settembre.
L’ordine di presentazione delle escursioni segue l’orientamento da sud a nord.
Al Rifugio Bertone (1979 m)
Due sono gli itinerari percorribili per raggiungere il rifugio. Il primo è il più ripido e impegnativo - consigliabile a chi ha un buon fiato e ama “sudarsi la meta”. Parte dalla frazione di Courmayeur chiamata Villair Superiore, in Val Sapin. È contrassegnato come sentiero 42 ed è parte del T.M.B. Il tragitto è interamente ombreggiato in quanto inerpica per i boschi e prevede circa 2 ore di marcia. La vista, da prima assente, si apre man mano che si sale in quota, offrendo agli occhi prima Courmayeur e la sua piana viste dall’alto e poi il massiccio con la sua scenografia di graniti e ghiacci. Scegliendo questo itinerario, ricordarsi che anche la discesa è impegnativa.
L’alternativa, più lunga ma sicuramente più abbordabile, è quella dalla Val Ferret, con partenza dopo Plampincieux (lasciare l’auto al parcheggio 3, dopo il campeggio). Il sentiero è il 31, che sale dapprima un po’ deciso tra pascoli e boschi, per poi proseguire in falso piano riallacciandosi al T.M.B. fino al rifugio.
Il tempo di percorrenza è di circa 2 ore e 30 minuti. Per i golosi, in agosto questo tragitto offre anche la possibilità di fare scorpacciate di mirtilli, fragoline di bosco, ribes e lamponi deliziosi. La vista da questo percorso, ombreggiato solo per brevissimi tratti, è appagante dall’inizio alla fine: una lunga balconata aperta su tutto il massiccio. Quasi al rifugio, una mappa disegnata su un tavolo in legno indica i riferimenti paesaggistici che si scorgono da quella postazione.
Una volta al rifugio, per entrambe le vie di salita, la vista sul Monte Bianco è predominante su qualsiasi altra veduta. S’innalza come un gigante e sembra vicinissimo, quasi a illudere di poterlo da lì raggiungere con facilità. È uno spettacolo molto appagante. Nelle giornate di sereno (il Bianco è spesso nascosto da nuvole, sembra essere molto schivo agli sguardi degli escursionisti...) si scorgono a occhio nudo le particolarità geologiche e i ricchi tratti ghiacciati che lo contraddistinguono.
Dal rifugio si vedono bene anche il dente del Gigante e il gruppo delle Jorasses.
Aggrappato su un promontorio molto interessante, il Bertone è un rifugio privato presso cui si può pranzare e dormire. Come per la maggior parte dei rifugi, è vietato il pranzo al sacco, ma basta spostarsi di pochi passi per poter consumare il proprio pic-nic su piane verdeggianti con vista maestosa sulle cime.
Dal Rifugio Bonatti (2025 m) ad Arminaz Inferiore (2033 m)
Le escursioni in Val Ferret sono molto appaganti perché permettono anche ai non esperti di ammirare tutto il massiccio del Bianco su un percorso a balconata in quota tra i 1500 e i 2000 metri. È il T.M.B., che in Val Ferret corre dal Rifugio Elena a nord fino al Rifugio Bertone a sud.
Per il tratto qui proposto, la partenza a piedi inizia dopo il borgo di Lavachey, verso il fondo della valle. Si percorre dapprima un pezzo su asfalto (il traffico è limitato a poche auto) per prendere poi il sentiero 27, che sale in pineta verso il Rifugio Bonatti. L’ombra allevia la fatica della salita. Prima del rifugio, alla biforcazione prendere a destra proseguendo sempre sul sentiero 27. Su un percorso leggermente ascendente, si passa un alpeggio (con presenza di mucche) e si prosegue fino alle baite diroccate di Arminaz Inferiore. Il panorama è vasto e piacevole. Volendo si potrebbe proseguire ancora in su, sempre su sentiero 29, verso la punta di Séchéron (il vallone verde tagliato dal torrente è molto seducente, ma si allungherebbe di parecchio l’escursione). Da Arminaz inizia la discesa, a tratti ripida e che prevede il guado (facile) di ruscelli che invadono il sentiero nella parte finale. Per chiudere l’anello si continua sempre sul 29 in piano, per percorsi lacustri fino a Lavachey. Il tragitto totale è di circa 3 ore. Questa escursione soddisfa grazie alla varietà degli ambienti che si toccano, passando per tratti di bosco, pendii assolati, zone arbustive con frutti selvatici e aree lacustri.
Per il Rifugio Bonatti (2025 m) fino ad Arpnouva (1769 m)
Il tratto iniziale è lo stesso della precedente escursione, ma in questo caso si sale fino al rifugio. Oltrepassati i boschi, l’ultimo pezzo assolato apre la vista sulle Grandes Jorasses, che si ergono proprio frontalmente. Il rifugio dispone di una grande terrazza con tavoli e panche, su cui è possibile anche fare pic-nic, oppure si può usufruire del ristorante interno (e volendo restare a dormire). I prati attigui e la vastità della zona pianeggiante invitano tutti al relax e al gioco i più piccoli. La vista è anche per questo rifugio molto appagante e vale la pena fermarsi a contemplare, meglio se con l’ausilio di un binocolo, le numerose cime.
Per scendere, si può tornare dallo stesso tragitto dell’andata, oppure allungare su balcona del T.M.B. verso l’estremità superiore della valle. All’ora di salita verso il rifugio, si aggiunge in questo caso un’ora e mezza circa per percorrere la balconata che scende infine ad Arpnouva, un gruppo di baite a 1769 m. Da qui si riguadagna la partenza con navetta o, se si ha ancora voglia di camminare, a piedi su strada asfaltata fino a Lavachey. In totale questa escursione è piuttosto lunga ma come sempre l’esperienza naturalistica appaga in pieno.
Al Rifugio Elena (2062 m)
L’ultimo tratto della Val Ferret è altrettanto suggestivo, grazie alla vista sul Ghiacciaio del Triolet e sul Ghiacciaio di Pré de Bard, che creano uno scenario bianco come contrappunto a pendii dolci e verdeggianti. Questo è l’itinerario per il Rifugio Elena, con sentiero che parte dal gruppo di baite chiamato Fondovalle, raggiungibile solo in navetta, avendo l’obbligo di lasciare l’auto non oltre Lavachey. Quindi, da Fondovalle, due sono le alternative per il rifugio: una strada sterrata carrabile, che sale molto dolcemente, costeggiando il torrente, oppure il sentiero del T.M.B., a mio giudizio molto più interessante, che si inerpica più deciso con un tempo di percorrenza di 1 ora e mezza circa. In entrambi i casi i percorsi sono assolati e con ottima vista.
La terrazza del rifugio è spesso ventosa, ma la vicinanza ai ghiacciai obbliga a un minimo di sosta di contemplazione. Il pic-nic è vietato, mentre ristorante e pernottamento sono disponibili. Il rifugio è anche un buon punto di partenza per percorsi più impegnativi verso il Col du Petit Ferret e il Col du Grand Ferret.
Per scendere, si può prendere la via alternativa non percorsa all’andata.
La VAL VENY, a sud-ovest di Courmayeur, ha un aspetto naturalistico molto diverso dalla Val Ferret: alla dolcezza e mondanità di quest’ultima contrappone scenari molto più aspri e selvaggi. È stata modellata dai ghiacciai del Miage e della Brenva e dal suo fiume, la Dora di Veny, che si congiunge nei pressi di Dolonne con la Dora di Ferret a formare la Dora Baltea.
Situata ai piedi della catena del Monte Bianco, si divide in tre parti: una testata sub-parallela alla catena del Bianco, compresa tra il Col de la Seigne (2512 m) e le pendici inferiori del ghiacciaio del Miage, con un paesaggio lacustre notevole (lago Combal); la parte intermedia (plan Veny), che presenta un tratto di valle di piana prativa attraversato dalla Dora della Val Veny; infine l’ingresso della valle, dominato dal Monte Bianco e dalla parte finale del Ghiacciaio della Brenva (1444 m). Quest’ultimo scende sul versante italiano del massiccio del Monte Bianco al cospetto dell’Aiguille Blanche e dell’Aiguille Noire de Peuterey. Con i suoi 730 ettari di estensione, la Brenva è il quarto ghiacciaio valdostano.
La Val Veny può essere percorsa in auto nei periodi estivi attraverso una strada (circa 16 Km, carrozzabile solo fino a Plan Lognan) che raggiunge La Visaille, mentre nel periodo invernale è chiusa. In estate vige la limitazione giornaliera all’ingresso delle auto nella valle, come per la Val Ferret. Lungo la strada sono localizzati punti di ristoro, alberghi, rifugi e alcuni campeggi.
La valle è punto di partenza della via normale italiana al monte Bianco (via Ratti-Grasselli) attraverso il ghiacciaio del Miage e il Rifugio Francesco Gonella. È dotata di numerosi rifugi e bivacchi, qui nominati in ordine decrescente di altitudine: Bivacco Giuseppe Lampugnani (3860 m), Bivacco Marco Crippa (3850 m), Bivacco Alberico-Borgna alla Fourche (3680 m), Bivacco Piero Craveri (3490 m), Rifugio Quintino Sella (3363 m), Rifugio Durier (3358 m), Rifugio Francesco Gonella (3071 m), Bivacco della Brenva (3060 m), Bivacco Gino Rainetto (3047 m), Bivacco Adolfo Hess (2958 m), Rifugio Monzino (2590 m), Bivacco Lorenzo Borelli-Carlo Pivano (2310 m), Rifugio Elisabetta Soldini Montanaro (2195 m), Rifugio Maison Vieille (1956 m), Rifugio Monte Bianco (1700 m).
Come per la Val Ferret, le escursioni di seguito proposte sono quelle intorno ai 2000 m, da praticarsi in estate. L’ordine di presentazione corrisponde all’orientamento da est verso ovest.
Al Lago delle Marmotte (1950 m)
Detto anche Lago del Breuillat, si trova a nord della lingua meridionale del ghiacciaio del Miage.
La partenza è sulla strada in fondo valle, nei pressi di Châlet del Miage. Da qui una strada carrabile lascia spazio poco più su al sentiero 18 per il lago. Si entra nei boschi, poi si attraversa una pietraia che fiancheggia il torrente del Miage, a tratti da guadare su comodi pietroni. Lasciata sulla destra la biforcazione per il Rifugio Monzino, inizia la parte più suggestiva del sentiero: come equilibristi si cammina sul crinale di una stretta morena che lascia alquanto impressionati. La vista spazia sulle distese circostanti di vecchie frane. La morena è invece una lingua verde che prosegue in salita fino a una conca estesa: è il lago del Miage, spesso a secco d’acqua, per via della scarsa affluenza dei torrenti che scendono dal ghiacciaio. Un pannello esplicativo sulla sponda del lago spiega chi sono e come vivono le marmotte (ma noi non ne avvistiamo nemmeno una).
Il percorso d’andata dura circa 2 ore e mezza. Il rientro viene fatto per la stessa via.
Il tragitto è particolare per la conformazione ambientale, introvabile altrove su queste valli.
Al Lago Blu (1834 m)
Lasciata l’auto in zona Châlet del Miage, si prosegue un pezzo su asfalto fino a imboccare il sentiero 17 sulla destra. Tra pinete e pietraie si sale in un’oretta al Lago Blu, interessante piccolo bacino immerso in una distesa di pini e abeti, che si ergono anche dalle sue acque. La presenza di numerosi girini testimonia la vitalità biologica del sito. Poco più a nord è visibile il Giardino del Miage, così chiamato in quanto unica lingua di vegetazione in mezzo ad aree del ghiacciaio e di pietraia. Il percorso di ritorno è per la stessa via.
Al Lago del Miage (2020 m)
La partenza è la stessa del tragitto verso il Lago Blu, ma in questo caso si prosegue su asfalto molto a lungo, spesso con il vento e comunque senza ombra. Si è intanto raggiunto il Lago di Combal, affascinante distesa lacustre immersa in un contesto di prati e orizzonti da esplorare. In lontananza spicca il Rifugio Elisabetta Soldini. Sulla destra del Lago di Combal parte il sentiero vero e proprio, il 18A, ripido seppur breve, per il Lago del Miage. Lasciato il bar-rifugio Combal alle spalle, si scarpina fino a raggiungere una piana, in quota 2020 m, che lascia senza fiato. Il lago si è formato nel corso del tempo dalla caduta di materiale ghiacciato, che si è sciolto, creando questi bacini che appaiono grigi alla vista, proprio perché di derivazione glaciale. A lato, altri bacini di color turchese intenso sono quelli di formazione torrenziale. Il contrasto cromatico è notevole e suggestivo. Il ghiacciaio del Miage, che arriva con le sue lingue fin sul lago, lascia cadere perpetuamente pezzi di ghiaccio che con tonfi si buttano nelle acque. Il fenomeno era molto più rimarcato nel passato recente, quando non era raro assistere al distacco di enormi pezzi dal ghiacciaio in caduta nel lago; oggi purtroppo il ritiro dei ghiacciai dovuto all’innalzamento climatico ha reso anche questo evento molto più contenuto, e i distacchi sono esigui e poco rumorosi. Ciononostante, il ghiacciaio del Miage resta oggi il più grande ghiacciaio valdostano: si estende per 1100 ettari su una lunghezza di oltre 10 km.
Questa escursione, di bellezza surreale, dura circa 2 ore di andata. Si rientra per la stessa via.
Al Rifugio Elisabetta Soldini (2195 m)
Stessa partenza con auto lasciata in località Châlet del Miage e tragitto a piedi su strada asfaltata fino al Lago di Combal. L’acquitrino viene affiancato per tutta la sua lunghezza dal sentiero 12, per cui si ha la possibilità di esplorare appieno l’ambiente lacustre e di osservare le numerose piante acquatiche che lo popolano. Il percorso prosegue in falso piano tranne che per l’ultimo tratto, in cui arrampica deciso verso il rifugio. Si tratta comunque di un’escursione interamente sotto il sole ed esposta al vento, e la vista di questa strada lunga che non sembra mai aver fine ha il gusto dolce-amaro di un pellegrinaggio in cerca di un’affermazione. Il premio è effettivamente l’arrivo al Rifugio Elisabetta: lo spettacolo a 360° sui ghiacciai e sulle Pyramides Calcaires alle spalle è notevole. Dal punto di vista geologico, le numerose sfumature dei minerali presenti nelle rocce, materia predominante il paesaggio, è già di per sé una scoperta. La vista dal rifugio è a perdita d’occhio: si arriva a vedere l’inizio della valle, a chilometri di distanza.
Il rifugio, come sempre, dispone di ristorante e posti letto. Il tragitto di sola andata dura circa 3 ore. Per rientrare, si può deviare nel primo tratto salendo ancora leggermente per il sentiero 12 (costeggiando le Pyramides Calcaires) per poi riguadagnare il sentiero in discesa, lungo ma facile, verso il punto di partenza.
NOTE:
(1) T.M.B. = Tour du Mont Blanc. È un trekking spettacolare che si snoda intorno al massiccio del Monte Bianco, attraverso i territori italiano, svizzero e francese, e regala, a chi lo percorre, i panorami unici della catena più alta d’Europa: severe pareti rocciose, ghiacciai incombenti, lunghe morene ghiaiose, pascoli e praterie. L’itinerario si sviluppa per quasi 170 km ed è percorribile in circa 10 giorni di cammino; entra in Valle d’Aosta dal col de La Seigne e prosegue nell’alta Val Veny, fino al rifugio Elisabetta, da dove scende al Lago di Combal. Il tracciato sale poi agli alpeggi dell’Arp Vieille, proseguendo con un panoramico saliscendi fino al Lago Chécrouit e al Rifugio Maison Vieille, prima di giungere nel fondovalle, a Dolonne e a Courmayeur. Dal paese il percorso sale al rifugio Bertone, quindi percorre tutta la Val Ferret su un sentiero a mezza costa. pervenendo dapprima al Rifugio Bonatti e poi, proseguendo in direzione della testata della Val Ferret, al Rifugio Elena, per risalire verso il col du Grand Ferret, al confine elvetico. In Svizzera, il tracciato tocca le località di La Fouly e Champex ed entra quindi in Francia dal Col de la Balme; transita nei pressi di Chamonix e Les Houches e valica, infine, il col de la Croix e il col de La Seigne per rientrare in Valle d’Aosta.