di Francesca Desiderio
Il Sognerfjiord è attraversato da una vivace luce di inizio estate. Il mare resta intrappolato nel labirinto di montagne verdi di conifere e si coglie appena un cenno di sale nell’aria. Balestrand, gioioso paese sulle sue sponde, è gioiosamente esposto al sole e guarda verso le altre diramazioni del fiordo, smeraldo placido. D’estate il sole non tramonta nelle ore serali e il verso di gabbiani giocosi riempie l’aria. Nella calma di fine giornata, nella tranquillità di questo immobile crepuscolo regna tutta la vita del fiordo, nei grossi fiori colorati, nei tetti spioventi delle casette basse di legno, nel volo degli uccelli, nella vegetazione alpina a pochi metri dal mare... un mare senza onde come non ho mai visto, conficcato nelle insenature nelle montagne come fosse un lago, senza che si agiti il vento e che si respiri salsedine. Tutto intorno è verde, è sorriso. Il sorriso garbato della vita.
Nella regione dei fiordi, dal mare ai ghiacciai il passo è breve. I ghiacciai si estendono già a 1000 metri sopra il livello del mare, e le loro lingue scendono fino a poche centinaia di metri dall’imbocco di un fiordo. Le strade che li raggiungono sono curve, strette, si inerpicano con curve a gomito sulle montagne e sono interrotte dalle tante ramificazioni dei fiordi, che impongono di traghettare l’auto.
Il ghiacciaio Kjenndalsbreen è una lingua del più grande Jostedalsbreen, e scende ripida fino al lago Lovatnet. Ai lati della strada che costeggia il lago, montagne a picco sull’acqua e cascate dalle altezze sorprendenti: punti fermi dei panorami norvegesi. Ai piedi del ghiacciaio dalla pendenza scoraggiante, la valle a U modellata dal tempo, dove domina il verde rassicurante di una vegetazione alpina a due passi dal mare.
Su su per una stradina in salita, stretta, in massima parte sterrata, con margini non protetti, ai lati di un torrente in veloce corsa verso il basso, si raggiunge un’altra spianata verde, una larghissima valle a U che pare un altopiano, dove giacciono poche casette di legno rosso e il fiume azzurro prima che precipiti verso il basso. Alla fine di questa vasta e pacifica piana così grandemente esposta a vento e sole sempre alto, si raggiunge un’altra lingua di ghiaccio, il Bødalsbreen. Il vento sferza a una tale velocità che diventa difficoltoso anche solo scavalcare i roccioni ai suoi piedi.
La cosiddetta “strada delle pietre” sale ripida per tornanti che costeggiano cascate fino a cime innevate, lasciandosi alle spalle un panorama montano a picco sul mare, quindi percorre un altopiano di muschi, chiazze di neve, cime montuose e laghi ghiacciati, appena acquosi sulla superficie. In questo silenzio lunare la temperatura è molto bassa. Il paesaggio e l’aria sono invernali. Raggiungo la cima del monte Dalsnibba, 5km di curve fino a 1470 metri, per ammirare, oltre nebbie sparse e cielo carico di umidità, il fiordo sottostante: il Geiranger. Scenario vertiginoso, inquietante e spettacolare, patrimonio dell’UNESCO, stretto tra monti alti e generosi di acqua e vegetazione. Dal mare, nel cuore del fiordo, serve una breve navigazione per coglierne da vicino la bellezza, il suo sviluppo verticale, il senso di vertigine prodotto dalle pareti sul mare e dalle cascate: le “Sette sorelle”, sette sorgenti di acqua ravvicinate che si tuffano nel mare, e il “Velo della sposa”, acqua gassosa e volatilizzata, polverizzatasi nel suo infrangersi sulla parete di roccia, a formare un sipario di chiffon, appena un velo trasparente, evanescente, dietro cui si scorge la roccia. Sulle pendici delle montagne, vecchie fattorie abbandonate, perse nell’umida solitudine di quelle altezze.